13 marzo 2012

Il segno dell'untore - Franco Forte

Milano, 1576. Nel drammatico giorno della morte della moglie, consumata atrocemente dalla peste, il notaio criminale Niccolò Taverna viene convocato dal Capitano di Giustizia per risolvere un difficile caso di omicidio. La vittima è Bernardino da Savona, commissario della Santa Inquisizione che aveva il compito di far valere le decisioni della Corona di Spagna sul suolo del Ducato di Milano. Ma non solo: Bernardino aveva ricevuto l'incarico di occuparsi degli ordini ecclesiastici "difficili", come gli Umiliati, messi al bando dall'arcivescovo Carlo Borromeo, mansione che ha reso ancora più difficili le relazioni tra potere secolare (Corona di Spagna) e potere temporale (Chiesa di Milano). Contemporaneamente, Niccolò Taverna deve anche riuscire a individuare il responsabile del furto del Candelabro del Cellini trafugato dal Duomo di Milano. Ma ben presto si accorge che la ricerca del Candelabro si rivela una pista sbagliata perché un altro oggetto, ben più prezioso, è stato sottratto: la reliquia del Sacro Chiodo della Croce di Cristo. In una Milano piagata dalla peste e su cui si allunga l'ombra della Santa Inquisizione, il notaio criminale Niccolò Taverna deve sfruttare tutte le sue straordinarie capacità investigative per venire a capo di questi due intricati casi.

Recensione

Difficilmente si potrebbe trovare un lettore che possa dichiararsi totalmente immune dalle rimembranze manzoniane sulla peste a Milano del 1630 e poco importa che quella narrata nel romanzo risalga a quasi 60 anni prima: le immagini che si sono fissate nella nostra mente sono ben chiare nonostante derivino da un racconto e non da un'esperienza diretta. È con il colosso della letteratura italiana che Forte si trova a confronto, nonostante le premesse e le intenzioni siano certamente diverse.

Rispetto alla Milano di Manzoni, manca il pathos della tragedia senza speranza che colpisce tutti indiscriminatamente; manca il terrore e la diffidenza della gente comune verso gli estranei; manca l'atmosfera lugubre da funerale senza fine. La Milano di Forte è una città stremata sì dall'epidemia, ma che continua a vivere nelle piccole cose di ogni giorno, come il mercato o le preghiere in Duomo. È un luogo in cui la gente non si sente sicura ma dove si vive comunque. Non reputo questa differenza come un difetto, anzi la vedo come un vantaggio a beneficio del lettore, che può farsi conquistare dalla trama senza sentirsi eccessivamente oppresso dalla Morte Nera.

Restando in tema di ambientazione storica, non posso che complimentarmi con l'autore per l'accuratezza delle descrizioni di un mondo che non è più, mostrando grande attenzione ai dettagli della moda con dovizia di termini tecnici ahimè non sempre comprensibili. Grazie a Forte sappiamo che lo zuppone andava indossato sotto il saglio e che poteva essere di tessuto pregiato, ma queste informazioni seppur precise non rendono l'idea di come in realtà il personaggio in questione fosse vestito.

L'impressione generale è quella di trovarsi su un set di un film in costume, con scenografie e abbigliamento d'epoca ma comportamenti e interazioni tipiche dei giorni nostri. L'esempio più lampante è Isabella, giovane spigliata e intraprendente come le liceali d'oggi, che non si fa nessun problema a seguire Niccolò anche nei bassifondi di Milano.

Tra i personaggi spiccano in particolar modo gli assistenti del notaio Taverna, ben caratterizzati e vivaci: meno lo sono gli alti papaveri della città e della Chiesa, tronfi nel loro ruolo di potere ma, stringi stringi, poco consistenti.

Niccolò Taverna, seppure di un certo spessore, è un protagonista non molto credibile nei suoi estremi: lo consociamo sconvolto per la malattia della moglie, amata e adorata, verso la quale nutre forti sensi di colpa in seguito alle accuse da lei mosse nel delirio, quasi fosse del marito la colpa del suo contagio. Ma basta girare l'angolo che scorge una fanciulla, apparsa come un angelo in suo soccorso, e la povera mogliettina è bella che dimenticata. Nel suo rapporto con i diretti superiori è come un'anguilla, per salvare reputazione e lavoro, sempre pronto a chinare la testa anche se con riluttanza - eppure al momento giusto sfoggia una sicurezza e un'arroganza quasi inaspettate e incomprensibili.

Se la ricostruzione storica è efficace e fresca, la trama "in giallo" non lo è affatto: le indagini sono approssimative e diluite in dialoghi eccessivi, la soluzione del delitto è dovuta più al caso che all'astuzia del protagonista. I metodi "scientifici" del notaio fanno sorridere: certo non ci si può aspettare il luminol, ma un po' più di attenzione ai dettagli quella sì. L'abile investigatore tasta sotto un giaciglio nella stanza in cui un uomo è stato ucciso con un'arma affilata e si ferisce a un dito con qualcosa di appuntito. Nonostante siano presenti i suoi aiutanti, il giaciglio resta dov'è, come pure la punta misteriosa: la ferita torna di tanto in tanto affinché il lettore non se ne scordi e la natura dell'arnese feritore viene svelata nel momento più opportuno.

Trovo difficile dare un giudizio pienamente positivo: seppure ben scritto e con un ritmo equilibrato, resta un retrogusto di insoddisfazione per qualcosa di incompiuto o molto poco definito.

Giudizio:

+2stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il segno dell'untore
  • Autore: Franco Forte
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2012
  • Collana: Omnibus
  • ISBN-13: 9788804620150
  • Pagine: 358
  • Formato - Prezzo: Rilegato - 15,00 Euro

0 Commenti a “Il segno dell'untore - Franco Forte”

Posta un commento

 

La Stamberga dei Lettori Copyright © 2011 | Template design by O Pregador | Powered by Blogger Templates