6 gennaio 2012

Intervista a Nox A.M. Ruit, autore di Mastodon

L'autore
Classe '68.
Liceo classico e laurea in ingegneria aeronautica.
Fa i lavori più disparati e mai quello per cui ha studiato: è stato responsabile informatico in un maglificio di cashmere, responsabile dello sviluppo prodotto in una fonderia e store manager in un negozio di modellismo.Attualmente insegna informatica in alcuni istituti professionali ed è contrattista in un centro di ricerca universitario, dove si occupa di mobilità sostenibile, collaborando a progetti di ricerca di respiro europeo.
Adora viaggiare, il cinema, i cani, i conigli e i giochi di qualsiasi tipo. Ha l'insano hobby di collezionare chirashi anche se non li capisce.

Il libro
Roma, anno 222 d.C. Proprio quando l’Impero è sull’orlo del baratro, giunge un prodigio a segnare per sempre il destino di Roma: i Dodici Dèi dell’Olimpo tornano a camminare fra gli uomini e si manifestano attraverso l’imperatore Adriano Severo, il primo rivelato, cioè un mortale toccato dagli dèi. Adriano Severo rifonda l’Impero e crea il Collegio della Rivelazione, che con gli anni diventerà l’organizzazione religiosa dominante, i cui membri, chiamati consacrati, possono invocare a comando il tocco degli dèi, acquisendo grandi poteri per la gloria di Roma.
La recensione della Stamberga.

L'intervista

Ciao Nox,
grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande.
Partiamo subito parlando del tuo romanzo ucronico, Mastodon che abbiamo avuto il piacere di recensire sulle nostre pagine.
1. Si tratta di un'opera monumentale, non sono per le dimensioni ma anche per la cura dedicata all'ambientazione:quanto tempo ci è voluto per scriverlo?

Lo so che sembra una battuta a effetto, ma è la pura verità: 9 mesi di gestazione, per la precisione dal 17 agosto 2009 al 10 maggio 2010.  Anche se ovviamente questo periodo si riferisce soltanto alla prima stesura, dall’incipit nella spaventosa pagina bianca iniziale alla parola “fine”; considerando anche il lavoro di ricerca preliminare e le revisioni dovrei aggiungere al conto altri 12-18 mesi.

2. Non tutti gli editori sono propensi a pubblicare opere di dimensioni così consistenti. Hai mai subito pressioni per fare dei tagli e rendere il tuo romanzo più "maneggevole"?

In effetti ripenso spesso, con una certa trepidazione, al giorno in cui un noto scrittore mi consigliò di rinunciare perché, dato il numero di pagine, era “fuori discussione che qualsiasi editore te lo prenderà mai in considerazione” (e il bello è che non era nemmeno completato!). Non lo dico per sciocca vanteria dalla posizione confortevole di chi ha superato lo scampato pericolo (sono ben consapevole della limitatezza della mia condizione), ma per testimoniare un momento cruciale nella mia esperienza di autore, in cui o rinunciavo del tutto o andavo avanti per la mia strada. “Mastodon” poteva essere più corto, è vero, ma ciò si poteva ottenere solo trasformandolo in un romanzo di pura azione, che era la cosa più lontana da quello che avevo in mente. Il mio editore ha accettato fin da subito la peculiarità del romanzo in termini di lunghezza, anzi forse la mole è stata considerata un elemento distintivo, per quanto minoritario, per differenziare il catalogo.

3. Per un autore emergente non è facile portarsi all'attenzione di una casa editrice, raccontaci qualcosa delle tua esperienza:quanto hai faticato per vedere il tuo lavoro stampato? Casini è stata la prima casa editrice a cui ti sei rivolto? e cosa ha significato per te vedere il tuo romanzo diventare un libro "vero e proprio"?

Devo dire che sono stato molto fortunato: penso che il manoscritto sia arrivato sulla scrivania dell’editore al momento giusto proprio quando alla Casini cercavano qualcosa di simile a quello che avevo scritto io. Questo ha permesso di ridurre di molto l’attesa che è stata irrisoria se confrontata con lo standard del settore. Il contratto che mi hanno offerto mi è sembrato molto buono, l’editore mi ispirava e quindi era impensabile pazientare per attendere risposte dagli altri (case editrici o agenti letterari) a cui avevo mandato manoscritti e sinossi (una bella lista elaborata grazie alle risorse reperite sul forum Writer’s Dream): alla mia età il ferro va battuto fin che è caldo!
Per quanto riguarda l’emozione della pubblicazione, vedere il libro sugli scaffali delle librerie mi ha lasciato abbastanza indifferente: quello che sconvolge completamente, invece, è sapere che uno sconosciuto, da qualche parte l’abbia letto o si accinga a farlo. Ecco, questa è una sensazione indescrivibile per uno, come me, che si considera un cantastorie più che uno scrittore: l’obiettivo non era la “pubblicazione”, ma avere un “pubblico” per le mie storie. Per questo ho il massimo rispetto delle opinioni di tutti riguardo al mio libro, che io le approvi o meno.

4. Mastodon è un'ucronia ma perfettamente inserita nei tempi e negli spazi del Basso Impero Romano. Usi, costumi, atmosfere e linguaggio sono stati ricreati alla perfezione: hai un background di studi classici che ti ha aiutato nella stesura del romanzo o si tratta di una passione personale?

Ho fatto il Liceo Classico e lì, temo, finisce il mio curriculum umanistico ufficiale. La storia però è sempre stata una passione personale, così come le letture ad ampio raggio e questo mi ha aiutato molto. E poi c’è ancora il rispetto per il lettore e il rigore che metto in qualsiasi cosa io faccia (a prescindere dai risultati purtroppo): da lì è partito un lungo lavoro di ricerca, di approfondimenti, di limatura dello stile, di artigianato sopra la lingua, per cercare di salvare “capra e cavoli”, vale a dire la storia con la “S” maiuscola e quella con la “s” minuscola, necessarie entrambe in un’ucronia.

5. Sei scrittore a tempo pieno o integri con qualche altra attività? Quante ore al giorno dedichi alla scrittura? C'è un momento della giornata che prediligi per scrivere?

Magari! Sono ingegnere contrattista (quando capita) e insegnante alle superiori. Il libro l’ho scritto la sera e in tutte le pause lavorative (fine settimana, vacanze, ecc.) rinunciando praticamente per i mesi di massima intensità (almeno gli ultimi 6) ad avere una vita sociale: era una vera ossessione, ma un’ossessione bellissima. Scrivevo al massimo 5 pagine al giorno e poi rileggevo, correggevo, immaginavo, studiavo, ricercavo, dalle 2 alle 12 ore al giorno a seconda del tempo a disposizione.

6. Quando hai iniziato a scrivre Mastodon avevi già le idee chiare su come la storia si sarebbe sviluppata o la cosa ha preso forma man mano che scrivevi? Hai mai avuto paura che la storia o i personaggi di sfuggissero di mano e iniziassero ad andare per la propria strada?

La storia era vagamente ispirata a un’avventura giocata in un gioco di ruolo con alcuni amici. In realtà il risultato finale somiglia a quel nucleo originale come un rovere di 40 metri di altezza somiglia a una ghianda. Diciamo che le coordinate principali le ho definite all’inizio (seppure abbastanza fluidamente), ma la storia si è assestata ed evoluta man mano che procedevo nella stesura. Per i personaggi è successo lo stesso: Egle ad esempio doveva inizialmente essere un riempitivo, una comparsa funzionale (non volevo ricevere le accuse di maschilismo come Tolkien, ah!ah!) e invece alla fine si è impadronita di me e, credo, ne è venuto fuori un personaggio femminile forte e complesso, una protagonista di primo piano le cui vicende ho trovato molto appagante raccontare (chissà se alle donne piacerà?) Lo stesso dicasi per il tribuno Flavio amico di Lucio, per i personaggi storici Costantino e Ario e molti altri ancora. Juba era completamente diverso all’inizio e Domizio, poi, è nato da sé. Insomma è vero quel che si dice, i personaggi prendono vita: l’importante è dominarli come il comandante di una galea!

7. Tra i protagonisti di Mastodon ce n'è uno che prediligi? C'è qualcosa di te in qualcuno di loro? E' mai capitato che uno di loro ti deludesse?

Mi sono concentrato più sulle cose che ognuno dei personaggi doveva avere di “diverso” da me. Penso che siano abbastanza autonomi, nei limiti dell’impresa (sono pur sempre un esordiente al primo romanzo!)
Forse quello che mi somiglia di più è Domizio perché si trova ad affrontare la vita con meno risorse di quelle che sarebbero consigliabili, date le difficoltà. Il mio preferito è Egle (se non si fosse capito, non ditelo a Branwen però visto il caratteraccio!) e quello che rischia costantemente di deludermi è Lucio (del resto l’ho quasi “disegnato” per deludere…).

8. I sogni, le visioni, hanno un ruolo importante per Branwen. Tendi a ricordarti i sogni che fai oppure dimentichi tutto appena sveglio? Ti è mai capitato di lasciarti influenzare da un sogno che avevi fatto?

Faccio dei sogni notturni sempre molto vividi, pieni di azione (non sarebbero mai un noir francese, ma un blockbuster hollywoodiano), ma non li ricordo mai. Quello che mi influenza sono i sogni da sveglio, le immagini che si accompagnano all’ascolto di musiche evocative (tipo una colonna sonora epica o roba simile). Queste visioni che scaturiscono in modo autonomo come passatempi (ad es. ascoltando l’ipod in treno o sentendo la musica a tutto volume sotto la doccia) formano poi nuclei da cui germinano le idee trasposte nel romanzo, le storie del cantastorie appunto. Roba da pazzi, eh?

9. Nel tuo romanzo religione e politica sono strettamente intrecciate e gli interessi dell'una sembrano guidare quelli dell'altra. A tuo parere la stessa cosa avviene anche oggi?

Sì, ma è inevitabile. La religione e il potere sono legati come la mano destra e la mano sinistra, possono fare cose diverse, ma lavorano meglio insieme, soprattutto se ci sono, allora come oggi, alcuni individui preposti a fungere da intermediari tra il divino e l’umano. Nell’antica Roma pagana, poi, erano essenzialmente i funzionari pubblici ad eseguire i riti previsti dai culti agli dèi: forse era più onesto in quel modo…

10. In Mastodon si intuisce il contrasto tra la religione romana, più concreta, e il cristianesimo, più incline a speculazioni filosofiche sulla natura del divino. Ti senti più vicino ad uno di questi diversi modi di vedere la spiritualità oppure a nessuno dei due? Se nel tuo racconto il paganesimo sembra essere riuscito a relegare il cristianesimo al ruolo di semplice setta, nella realtà è avvenuto esattamente il contrario, perché a tuo parere?

Non ho mai affrontato con me stesso il problema della mia spiritualità. Personalmente cerco il divino, cioè una sensazione trascendente, un significato ultimo, in un semplice gesto umano esemplare o nella bellezza di una foresta che stormisce o nel mistero del Cosmo, quindi forse sono più vicino alle religioni orientali, chissà?
Il problema dello speculare sulla natura del divino, è che quando si fanno domande poi si cercano risposte, quando ci diamo risposte ci preme che siano quelle giuste e vere, quando diciamo che esiste una sola cosa vera e giusta ci piace che tutti la seguano e… penso sia chiaro dove voglio arrivare. Del resto il cristianesimo richiede una sua “filosofia”, una sovrastruttura altamente concettuale per accordare il monoteismo con la Trinità, i santi, ecc., concetti che, come è sempre stato e sempre sarà, poco importano alle forme di culto più popolari che non si pongono tanti problemi filosofici. I motivi per i quali la massa di persone semplici e prive di cultura (come era la maggioranza nell’antichità) cambiava religione sono totalmente differenti dai motivi dietro le conversioni dei più colti o delle persone influenti.
Comunque ci sono interi trattati che hanno affrontato questi argomenti con l’autorevolezza che io non mi sognerei mai di mistificare.
 Posso dire, però, che leggendo la storia del primo cristianesimo, appare un evento degno di nota che alla fine si siano messi d’accordo, e che è stato proprio nel periodo di Costantino che ci fu una svolta in questo senso. A parte l’elemento fantastico relativo alla Rivelazione dei Dodici Dèi, senza la quale il paganesimo non sarebbe ancora la religione dominante nell’Impero di Mastodon, ho cercato di immaginare cosa sarebbe successo se la politica avesse trovato più utile facilitare la frammentazione delle sette proto-cristiane piuttosto che ricomporla.
C’è però anche da dire che non ho volutamente approfondito la questione perché mi avrebbe condotto troppo lontano dal tema originario del libro, su terreni assai scivolosi.

11. E ora una domanda scontata: le avventure di Branwen di Caledonia non si concludono con Mastodon, è in arrivo un seguito? L'hai già scritto?

Come ho detto prima, per me scrivere è un impegno ossessivo e coinvolgente, focalizzato su obiettivi…mastodontici (purtroppo la dimensione del racconto non fa per me neppure come lettore). Inoltre non mi considero uno scrittore ma un cantastorie: devo sapere se il mio pubblico ha apprezzato, se valgo qualcosa, se ho seminato il germe di una visione anche negli altri, perché solo questo potrebbe spingermi a superare le difficoltà di una nuova impresa. Ci vedete un menestrello a cantare una saga davanti al fuoco mentre gli avventori della locanda sbadigliano annoiati o rumoreggiano? Naaah! Quindi ancora non ho scritto niente, sebbene alcune idee già le abbia.

12.
Infine una curiosità. Nox A.M. Ruit non è il tuo vero nome: perché utilizzare uno pseudonimo e perché proprio questo?

Ho usato lo pseudonimo per tre motivi: il primo, per mantenere la mia professione separata dall'attività di scrittore di libri fantastici, il secondo per una forma di ritrosia a stare sotto i riflettori connaturata alla mia personalità, il terzo una velleitaria e infantilmente tenera idea di vedere un giorno il mio nome su una libreria anglosassone dove lo pseudonimo sarebbe suonato molto meglio. Nox Ruit (ispirato a un brano dell'Eneide che richiama il concetto di sfruttare il tempo che abbiamo) è da sempre il mio nickname su Internet e quindi era una scelta quasi obbligata, A.M. sono chiaramente le mie iniziali.

Grazie per l’ospitalità e per la recensione!

Articolo di Valetta 

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